Mèmori è il titolo del primo corto del regista Nicola Garzetti, una storia lgbtqi+ distopica che riesce a coinvolgere e a farti entrare in empatia con i personaggi in soli 20 minuti.
Classe ‘86, cresciuto in una realtà artisticamente sterile dopo il liceo si iscrive allo IED nel corso di fotografia. Da sempre vicino alla musica inizia la sua carriera documentando fotograficamente i Marlene Kuntz dal 2008 al 2012 passando poi per l’etichetta Sùgar.
Gradualmente si avvicina al mondo della moda e a quello del video e nel 2013 scrive e dirige “Nothing more than whispers” un fashion film che Diane Pernet sceglie per il festival ASVOFF6 in programma al Centre Pompidou di Parigi.
Dal 2016 collabora con Grazia Italia realizzando video editoriali con le celebrities protagoniste della cover story del magazine oltre a firmare svariati fashion video per Armani, Pinko, Shiseido, Replay e Bulgari.
Il suo primo cortometraggio Mèmori si è aggiudicato al Montecatini International Film Festival ‘23 il premio come Best Italian Film e ha vinto la miglior sceneggiatura al Milano Short Film Festival ‘24. Lo abbiamo intervistato:
Come è nata l’idea per questo corto?
Prima di tutto volevo fare qualcosa per me in cui potessi sperimentare tecnicamente e narrativamente, ma mancava la storia.
Un giorno sono capitato al Giardino Carmelo Bene a Milano, dove poi abbiamo girato la prima scena, e pensai che sarebbe stato bello girare lì una storia ambientata nel futuro ma che avesse degli echi del passato.
Ho cominciato a scrivere quasi a flusso di coscienza e poi dopo qualche mese ho ripreso in mano quegli appunti e ho cominciato a dare nomi, motivazioni e soprattutto un passato ai protagonisti.
Memorì, perchè?
È una storia che ha a che fare tantissimo con la memoria. Internet ad esempio gioca in ruolo fondamentale in questo corto e viene raccontata come “la memoria collettiva del mondo”. Jo (Marco Curci) Non riesce a lasciar andare nulla è quasi ossessionato dal suo passato. E poi c’è Jeremie (Gian Mattia Baldan) che ha “meno ricordi di un bambino di sei anni”
Ci sono molti dialoghi in Memori come ti sei approcciato alla sceneggiatura?
Cazzo parlano davvero tantissimo quei due. La prima metà del corto racconta dei primi momenti che loro due passano insieme. Volevo che risultasse vero, che si arrivasse al punto fondamentale della storia in maniera realistica.
Avrei potuto mettere un cartello in apertura del film per dire al pubblico in che mondo si sarebbero trovati davanti ma era troppo facile.
Perchè hai scelto il bianco e nero?
Il bianco e nero è stata una scelta quasi obbligata. Dovendoci arrangiare con quello che avevamo a disposizione ci permetteva di rendere tutto più omogeneo. Ma è stato divertente perché con una luce sola potevamo creare tantissimo in bianco e nero.
Simone Biagini, il direttore della fotografia ha creato delle immagini che quasi stanno in piedi per sottrazione, molto grafiche, e ha messo in freno al mio barocchismo che ogni tanto prende il sopravvento.
Come hai scelto le musiche, e la canzone della scena con i fuochi d’artificio?
Le musiche strumentali sono state composte apposta per il corto da Brian Matichecchia, un caro amico di Fabrizio rabacchi, il nostro fonico. Abbiamo passato 10 ore in collegamento con lui che sta a Sheffileld, a sperimentare.
La prima traccia ha un piglio più Jungle, che è una Suono che forse non ti aspetteresti, la traccia del monologo di Aurora (Benedetta Canziani) invece ha campionamenti di modem e altre apparecchiature elettroniche.
La canzone della scena centrale invece era negli archivi di Brian da tempo, stava aspettando il progetto giusto per poterla usare e appena l’ho vista sulle immagini ho pensato che fosse nata per stare in Mèmori.
La scena più difficile da girare?
La scena finale. In quota durante una tempesta a -5 gradi. Ma è stato anche divertentissimo. Con noi c’è stato sempre Damiano Lilliu che ha fotografato il backstage e ha documentato lo sbattimento e l’energia che si era creata tra tutti noi.
Ci sono tutte le tue radici in questi corto, confermi?
Il mio prof di sceneggiatura all’università mi ha insegnato che non bisogna raccontare mai quello che non si conosce, quindi ho infarcito i personaggi di parti di me.
Le mie manie, come mi comporto in determinate situazioni, il mio passato, certi modi di parlare. E poi ci sono le mie radici visive, alcune ben nascoste, altre più visibili. Bergman, Lynch, Kassovitz, Noe e Carax.
Cosa è sexy per te?
Il profumo di crema solare sulla pelle. Sa di estate e possibilità inesplorate
La tua scena lgbt preferita di sempre?
Il monologo di Agrrado in “Tutto su mia madre” di Almodovar. “costa molto essere autentica signora mia… e in questo non bisogna essere tirchie, perché una più è autentica quanto più somiglia all’idea che ha sognato di se stessa.”